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IL BLOG DI CALABRIADREAMIN

Cosa vedere in Calabria: Alla scoperta di Tauriana di Palmi e del suo Santo, Fantino

2020-06-05 12:35

Dr. Domenico Bagalà

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Cosa vedere in Calabria: Alla scoperta di Tauriana di Palmi e del suo Santo, Fantino

Alla scoperte di Tauriana. Una delle città più grandi ed importanti della magna Grecia

 

 

 

ALLA SCOPERTA DI TAURIANA

e del suo Santo, FANTINO

 

 

 

Tauriana, nella sua lunga, antica storia, cambiò denominazione più volte: gli italici la chiamarono Taurianum, i romani Tauriana, i bizantini Tavriana /Tavriano, poi di identificò così tanto con il suo figlio più grande, che per secoli fu chiamata S. Fantino. Dagli inizi del novecento per iniziativa dello storico Antonio De Salvo riprese l’antica denominazione di “Taureana”, così come Gioia fu aggiunto “Tauro” e Iatrinoli e Radicena “Taurianova”.

Sappiamo che Tauriana fu madre di molti paesi della piana e che nel periodo romano il suo territorio diventò ager publicus e sede di Prefectura; fu sede vescovile già dal IV sec. ed anche “capitale della Eparchia delle Saline” (odierna piana di Gioia Tauro), poi, nel periodo bizantino, la sua importanza fu tale, che un suo vescovo (Teodoro)  firmò terzo dopo il Papa e l'imperatrice d'Oriente Irene l'Ateniana, gli atti del Concilio Ecumenico Niceno II del 787, indetto da Papa Adriano I, che condannò gli iconoclasti  e sancì la liceità delle immagini nelle Chiese.

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A LATO:  bollo su laterizio dei Tauriani

 

 

CENNI STORICI SULLE ORIGINI DI TAUREANA

Il mistero dei Thesunti Tauriani

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A LATO: Tabula Peutingeriana (copia medievale di quella romana)

 

Le ricerche archeologiche hanno svelato la presenza storica di una civiltà sconosciuta e misteriosa, il “populus dei Tauriani”, identificabile, in una più ampia collocazione storico-geografica, con il popolo italico dei Brettii (i ribelli), che occuparono l’attuale Calabria. La prima notizia storica (a noi nota) di questa popolazione ci è data da un brano delle Origines di Catone, in cui sono messi in risalto i sette fiumi «I Thesunti Tauriani, egli dice, traggono il nome dal fiume che scorre vicino. La loro città fu prima posseduta dagli Aurunci e poi dagli Achei, che ritornavano da Troia; il loro territorio è solcato da sei fiumi ed un settimo, che si chiama Pecoli. Qui si dice che sia giunto Oreste, assieme ad Ifigenia e Pilade per espiare l'uccisione della madre. Fino a poco tempo addietro si poteva vedere una spada confitta in un albero, lasciata lì, si dice, da Oreste» [1].

 

La presenza dei Tauriani a sud del Metauros è attestata da fonti storiche intorno alla metà del IV sec. a. C.. Nel I secolo a.C., essi scelsero strategicamente di trattare l’annessione all'Impero, fatto che permise una pacifica entrata dei soldati romani a Tauriana. Grazie ad un buon rapporto istaurato con i romani, conquistarono un'autonomia politico-amministrativa che permise loro di avere un proprio territorio, compreso tra Rhegion, (Reggio) e quelli sotto giurisdizione di Lokroi (Locri) che si era creata uno sbocco sul Tirreno con la fondazione di Medma (Rosarno).

 

 

[1]Thesunti Tauriani vocantur de fluvio, qui propterfluit. Id oppidum Aurunci primo possederunt, inde Achaei Troia domumredeuntes. In eorum agro fluviisunt sex; septimusfinem Rheginum atque Taurinum dispescit: fluviinomen est Pecoli. E o Orestemcum I phigeniaatque Pyladedicuntm aternam necemex piatum venisse, et non longinqua memoria est, cum in arboreensemviderint, quem Orestes abiens reliquisse dicitur (dal libro III delle Origines).

Il confine nord sulla costa tra i due territori era il fiume Metauros (Petrace) e a sud la fiumara Sfalassà di Bagnara, all’interno il confine era lungo la fascia pre-aspromontana dove a seguito di scavi archeologici si è accertata la loro presenza a contrada Palazzo, Torre Cillea e l’abitato di Mella a Oppido vecchia; verso sud a Serro di Tavola sopra il torrente Sfalassà nel territorio oggi di S.Eufemia d’Aspromonte, dove vi era una postazione militare. In questo tempo appare evidente che i Tauriani abbandonarono completamente la condizione di subordine nei confronti dei Reggini, dotandosi perfino di una propria moneta [3] .

I romani però, a causa di sacche di resistenza, furono costretti ad occupare con la forza e forse distruggere un’altra importante città Tauriana sita presso l'attuale Oppido in contrada Mella[4].

I Tauriani, ci dice la storia, erano persone alte di statura, sveglie e attive e, quando minacciati, contrastavano bene i possibili invasosi. Tauriana, la loro città principale, che aveva un importante porto, era fin da quei tempi antichi ben inserita nel territorio, con uno scambio economico e sociale rilevante, sono una prova i commerci dei grossi mattoni con i timbri delle loro fornaci.

Tauriana divenne l'unico centro che manifestasse l'eredità sociale di quella gente e forse si avvalse anche dell'eredità materiale del territorio distrutto, se in tal modo possiamo interpretare la presenza notevole di mattoni con il sigillo dei Tauriani in caratteri greci e latini ed in lingua osca (la lingua italica) nella cripta di San Fantino [4]. Certamente, Taureana fu una città fiorente durante l'età tardo antica e la prima età bizantina, come dimostrano le sue rovine, che sono tuttora oggetto di ricerche archeologiche ([5], le molte sue iscrizioni tombali dei secoli IV-V d.C. e soprattutto la cripta di San Fantino, che è il più antico luogo di culto della Calabria, dedicato peraltro al più antico santo calabrese. 

La sua prosperità ricevette un duro colpo verso la fine del secolo VI, per le incursioni longobarde che sono testimoniate da alcune lettere di papa Gregorio Magno. Il Prof. D. Minuto, in occasione della visita nel 1993 al sito di Pignarelle a Palmi, da noi promossa, dichiarò che dopo quella circostanza la città di Taureana venne temporaneamente abbandonata e la popolazione si rifugiò presso un abitato rupestre che certamente coincide con quello visitato che si trova a valle di Palmi, in località Pignarelle: un notevole complesso archeologico che fu presentato da chi scrive, alla comunità scientifica nel 1993, ed ancora attende uno studio sistematico.

 

[2] (cfr. D. Castrizio "Reggio ellenistica" Editore: Gangemi Collana: Meridione Anno edizione: 1995)- (vedi Collezione Gangemi della Fondazione Piccolo Museo di S. Paolo - Reggio Calabria).

[3 Liliana Costamagna, Il popolo dei Tauriani e l'abitato di Mella presso Oppido Mamertina, in "Klearchos" 149-156, 1996-1997, pp. 115-134.

[4] Felice Costabile, Il ninfeo romano ed il complesso monastico di S. Fantino a Taurianum, in "Klearchos" 69-72, 1976, p. 105.

[5]Cf. Francesca Zagari, Una testimonianza di Tauriana bizantina: un sigillo plumbeo da S. Fantino in territorio di Palmi, un territorio riscoperto. Revisioni e aggiornamenti. Fonti e ricerca archeologica, a cura di Rossella Agostino, ed. Rubbettino, Soveria Mannelli 2001.

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A LATO:

 Chiesa ottocentesca ricostruita parzialmente da Pietro Militano sui ruderi di quella del 1552 costruita dal Conte Pietro Antonio Spinelli

La Città di Tauriana tuttavia continuò a progredire anche dopo la decadenza romana e raggiunse il suo massimo splendore in epoca bizantina.

Nei secoli successivi però, il prestigio della città andò scemando in favore di Seminara, che sorge vicina, ma è più discosta dal mare, perché sita dietro la prima fascia collinare; anche il ricordo di Tauriana e l'episcopato furono trasferiti in questo nuovo centro. Nel frattempo molte incursioni saracene apportarono scompigli e nuove distruzioni nell'antica città ed anche il tempio del Santo ne dovette subire la violenza: lo deduciamo dal fatto che oggi la cripta presenta nell’ultimo strato di intonaci, brandelli di affreschi bizantini che sembrano risalire al X - XI secolo, segno che era ritornata ad essere frequentata come luogo di culto principale. D'altra parte, mentre la cripta è giunta fino a noi quasi del tutto integra nella struttura muraria, della basilica frequentata durante l'età di Pietro ci sono rimasti pochi ruderi, nascosti dalla terra e dalla chiesa di età moderna che venne costruita sopra la cripta e sopra la basilica con orientamento e pianta diversa non priva di eleganza. Probabilmente il tempio era stato distrutto dalla furia dei saccheggiatori e non venne più ricostruito (oggi queste testimonianze archeologiche sono visibili, grazie ad una campagna di scavi promossa dal Movimento Culturale San Fantino e condotta dall’Università La Sapienza di Roma con la fattiva presenza della Soprintendenza Archeologica della Calabria e del Comune di Palmi).

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A LATO:

 Il documento normanno – Archivio Storico di Napoli - Collezione Ruffo di Scilla-​

 

 

I Normanni, all'inizio del secondo millennio, tolsero a Taureana la sede vescovile in favore di Mileto, che condivise con il vescovato di Oppido la cura pastorale per tutto il territorio delle Saline.

La nuova chiesa fu edificata nel 1552 dal conte Pietro Antonio Spinelli di Seminara per la sua devozione verso San Fantino e la Madonna dall'Alto Mare, e in memoria di quella pia narrazione ancora viva nei racconti degli anziani, che ricordano il soccorso possente e miracoloso prestato da San Fantino a protezione dei suoi devoti concittadini avvenuto, non solo in presenza, ma sotto il consiglio e la guida della signora vestita di porpora, che oggi veneriamo con l’amorevole appellativo di Maria Santissima dall’Alto Mare.

 

 

ORIGINI DEL CULTO DELLA MADONNA DALL’ALTOMARE

Riferimento Storico: Secolo VII - Taureana 24 luglio

L’episodio è accertato storicamente ed è contenuto nel più antico testo agiografico della letteratura calabrese, scritto dal vescovo Pietro di Taureana nell’VIII sec. nel quale parla della vita e dei miracoli di San Fantino.

Gli Agareni catturati

(Consueta designazione dei Saraceni, discendenti di Agar, la schiava di Abramo).

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A LATO: 

Golfo di Taureana – le pietre delle navi

Attilio Zagari, olio su tavola, 18 agosto 1911

 

A completamento della narrazione, aggiungerò un episodio che stavo per dimenticare. Quasi tutti gli abitanti di questa città ne parlano, perché lo hanno sentito raccontare dai loro padri.

Si tratta del seguente prodigio. Una volta erano venuti gli atei Agareni dall'Africa con navi e con molte milizie per devastare e saccheggiare le città e la regione dei Cristiani.

Era proprio il giorno della sacra memoria del Santo durante il quale tutta la gente del posto era riunita come di consueto per la commemorazione religiosa in massa e per la festa grande in occasione della ricorrenza del Santo, che viene celebrata il 24 luglio. Successe allora che alcune imbarcazioni di questi atei si scagliassero contro questo territorio, ed una di esse comparve dirimpetto al tempio del Santo. Subito un turbine di vento sconvolse il mare.

Allora la nave, spinta dalla violenza del vento e delle ondate, sbatté contro gli scogli e si fracassò. Dei guerrieri che l'occupavano, alcuni perirono in fondo al mare, altri furono catturati vivi dai cristiani che erano lì accorsi. Essi riferirono a quelli che li avevano fatti prigionieri che, avvicinandosi verso quel luogo, avevano visto sullo scoglio un uomo, assai giovane per età, che teneva in mano un tizzone fumigante. Vicino a questo giovane c'era una donna vestita di porpora. Ad un cenno della donna, egli lanciò il tizzone che teneva in mano contro la nave minacciosamente, e subito questa si inabissò interamente. A sentire questo racconto degli Agareni, quelli che partecipavano alla celebrazione del Santo glorificavano Iddio.  E gli Agareni catturati, per il prodigio che era successo nei loro confronti, credettero, si fecero battezzare e divennero cristiani e non vollero più tornare nei loro paesi.

 

L’episodio, a distanza di secoli, ha lasciato traccia nella toponomastica

 

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“Scoglio delle Navi” oggi dell’'Isola – luogo dell’apparizione di San Fantino insieme alla Madonna, sec. VIII

anticamente chiamato Πέtραι υήες (petre nees)  ovvero Pietre delle navi, (le navi saracene)

che ha assunto nel dialetto la denominazione di Petri Niri  (Pietre Nere).

È nota a tutti i pescatori e conoscitori del mare, “a sicca i San Fantinu” (la secca di San Fantino) a qualche miglio all’argo in direzione del Tempio di S. Fantino. Qui avvenne il prodigio del naufragio delle navi (miracolo n. 18 - bios di San Fantino)

Piu tardi, nel 1552…

Il Conte di Seminara Pirro Spinelli volle ricordare questo prodigio che, “si dice sia stato appreso dai loro padri, che l’avevano appreso dai loro antenati e l’avevano lasciato come eredità ai figli”, ponendo in essere diverse iniziative, tra queste: la ricostruzione della chiesa intitolata a San Fantino e alla Madonna Maria Santissima dall’Alto Mare e la realizzazione di un dipinto nel quale è raffigurata la Madonna tra San Fantino e San Filippo, contornato da un ciclo di Santi. Al centro la Città di Taureana del 1500 con il Castello, il “Tempio del Santo” un reliquiario (S. Fantino), una fontana che rappresenta la vita, in pozzo che rappresenta l’Aghiasma (la fonte santa), il mare con il veliero, che rappresenta il pericolo ma anche il progresso, in basso lo stemma della casata spinelli.  

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A LATO: il quadro del 1552 fatto realizzare dal conte Pietro Antonio Spinelli, a lato il bozzetto dello stesso quadro che fu riprodotto nell’ottocento dalla stamperia di San Biagio dei librari di Napoli, e diffuso tra il popolo di Taureana.​

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TAUREANA E SAN FANTINO

Taureana è la città di san Fantino. La sua presenza la ricolma così intensamente, che un tempo anche l'abitato di Taureana e persino il promontorio oggi noto con il nome di Sant'Elia, si chiamavano San Fantino (cfr. il “Portolano Rizo” – Venezia 1490).

Qui trovò posto la cripta del Santo, che è la più antica chiesa di tutta la Calabria: del resto, le informazioni sul vescovato di Taureana sono fra le più antiche della Calabria cristiana e Fantino è il più antico santo calabrese come anche la sua biografia, scritta dal vescovo Pietro molti secoli dopo la morte del santo, è la prima, in ordine temporale, delle tante biografie agiografiche di cui si correda la letteratura calabrese delle origini, in lingua greca. Si narra che Fantino fosse al servizio di un signore pagano, che si chiamava Balsamio: egli era vissuto, perciò, in età ancora in parte pagana, probabilmente nel IV secolo dopo Cristo

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A LATO: San Fantino il cavallaro

 

Egli aveva il compito di curare un allevamento equino, era una conduzione aperta, che comportava la frequentazione di molti pascoli, fra i colli e sui monti circostanti, in perfetta solitudine, interrotta soprattutto dalle opere di carità che questo santo paleocristiano compiva in favore dei contadini poveri. La specializzazione dell'opera del servo Fantino si inserisce in una esperienza millenaria, attestata qui e nella contigua catena del Poro, territorio dell'antica Hipponion, dal tempo degli antichi Greci fino al secolo scorso, quando ancora, in onore del Santo, una schiera di cavalieri cavalcava da Lubrichi, che sorge sui monti, fino a Taureana per onorare il Santo. Chi fossero i coetanei concittadini di Fantino lo dicono le numerose epigrafi tombali di Taureana. Che il suo culto sia assai antico, è testimoniato da quei miracoli del Santo che, secondo la narrazione del vescovo Pietro, avvennero dopo la vetusta pratica dell'incubatio, cioè del dormire presso la tomba venerata.

UN PASSO DELLA VITA​

Egli trascorreva gran parte del tempo in solitudine, lungo le vallate del Petrace e dei tanti suoi affluenti. La solitudine è amata dagli asceti, perché li aiuta a parlare con Dio senza distrarsi. Anche la vita umile e disagiata, alla quale era costretto per il suo servizio, è ricercata dagli asceti, perché li aiuta a fuggire il demonio della superbia e l’egoismo. Inoltre, Fantino, stava attento ai bisogni degli altri e perciò, essendosi accorto della vita di fatica e di stenti che conducevano i contadini, si era messo ad aiutarli, impegnando in quest’opera le mandrie del padrone. Qualcuno, una volta, si preoccupò di avvertire Balsamio, accusando Fantino perché stancava le cavalle. Ma quando il padrone, sollecitato, corse in campagna a vedere che cosa facesse Fantino, lo vide sdraiato, con le cavalle al pascolo: infatti il santo, toccando con il suo frustino i covoni che le bestie trascinavano, li aveva trasformati in praterie. Le accuse si fecero più insistenti e Balsamio tornò di nuovo, all’improvviso, ad ispezionare l’operato di quell’uomo caritatevole: quella volta Fantino fu colto alla sprovvista; e allora decise di scappare via con tutte le bestie, inseguito da Balsamio, sempre più infuriato. Giunto al Metauro (Petrace), lo trovò in piena; subito dopo, pregando con fervore, spronò con calma il cavallo tenendo in avanti con la mano la verga, e con essa toccò l’acqua e disse al fiume, come se fosse animato: “Fermati, Metauro. Passa Fantino, il servo di Dio!” Il fiume si divise da una parte e dall’altra, ed il Santo passò con le cavalle come fosse terra ferma. A quella vista, Balsamio si mise ad implorare perdono al suo servo; si convertì e divenne anch’egli un santo asceta. Perciò ancora oggi, nel borgo di San Fantino alla periferia di Chorio di S. Lorenzo (RC), si venerano assieme i santi Fantino e Balsamio.

La festa di San Fantino a Taureana, ricorre il 24 luglio secondo il calendario Italo-greco e dal 1994 fino al 2008 conservava, ancora dopo tanti secoli, le caratteristiche originarie proprie della tradizione bizantina con la celebrazione della Divina Liturgia in lingua greca e con i canti bizantini tramandati oralmente reintrodotti bnel 1994 su proposta del Movimento Culturale San Fantino. Oggi purtroppo rimane solo la benedizione dei cavalli e cavalieri di San Fantino con la processione dell’icona del santo fino alla Cripta. Il suo culto è ancora presente in molti paesi della Sicilia e della Calabria, ed anche a Venezia, dove al Santo è stata edificata intorno al IX sec. una chiesa nell’Isola di San Marco, di fronte il teatro “La Fenice”, anch’esso chiamato “Teatro San Fantino” fino al XVIII sec.

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A LATO: 

San Fantino e San Balsamio miracolo sul Fiume Metauro

(Copertina del bios)

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A LATO: 

Cavalieri di San Fantino

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