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COSA VEDERE IN CALABRIA: Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri

2021-02-13 14:32

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COSA VEDERE IN CALABRIA: Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri

Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri Locri Epizefiri fu una città della Magna Grecia, fondata sul mar Ionio, nel VII secolo a.C., da greci proveni

Il Parco Archeologico di Locri Epizefiri

Locri Epizefiri fu una città della Magna Grecia, fondata sul mar Ionio, nel VII secolo a.C., da greci provenienti dalla Locride(una Regione centrale della Grecia).

Locri Epizefiri fu l'ultima delle colonie greche fondate sul territorio dell'attuale Calabria.

I coloni, giunti all'inizio del VII secolo a.C., si stabilirono inizialmente presso lo Zephyrion Acra (Capo Zefirio), oggi Capo Bruzzano, e solo più tardi si insediarono pochi chilometri a nord della città storica conservando però l'appellativo di Epizephyrioi, che significa appunto "attorno a Zephyrio".

 

L'antica Locri diede i natali a molte figure che vennero conosciute ed apprezzate dagli uomini del loro tempo anche al di fuori della patria natia; basti citare Zaleuco, il primo legislatore occidentale, che decise che le leggi dovevano essere scritte per non farle sottostare più alle decisioni arbitrarie dei giudici, o il filosofo Timeo; per non parlare di Nosside, "l'emula di Saffo", della quale ci sono pervenuti pochi epigrammi che, però, ne rivelano l'indubbia grandezza.
Ma Locri fu anche la patria di valenti atleti, vincitori dei Giochi Olimpici, quali Eutimo ed Agesidamo, e di molte altre personalità.

Storia

La storia di Locri Epizefiri copre un ampio arco di tempo: circa 15 secoli di storia, dall'VIII-VII sec. a.C. fino al VII-VIII sec. d.C., e cioè dal periodo dello sbarco dei primi coloni greci, fino all'abbandono della zona costiera causato dal diffondersi della malaria e dalle ormai continue e non più arginabili incursioni arabe.

 

Sappiamo con una certa sicurezza che il territorio nel quale si svilupperà Locri Epizefiri faceva parte della cosiddetta Italìa regione che, nella sua delimitazione più restrittiva, si estendeva dallo Stretto fino all'istmo delimitato da Squillace sullo Jonio e Vibo Valentia sul Tirreno. La popolazione che abitava questa regione, di origine indo-europea, prendeva il nome di Itali. Col tempo la tradizione tenderà a far coincidere gli Itali con gli Enotri e ad ampliare i confini dell'Italìa inglobando la confinante Enotria ed arrivando quasi interamente a coincidere con i territori che in seguito saranno chiamati Magna Grecia.

A questi Itali-Enotri si affiancheranno, tra la fine dell'età del Bronzo e l'inizio dell'età del Ferro, i Siculi; popolazione proveniente, secondo alcune tradizioni, dalle zone dell'attuale Lazio e della Campania settentrionale. Siculi che, però, in molti casi verranno scacciati dalle popolazioni autoctone e saranno costretti a cercare rifugio nei territori della Sicilia orientale, ciò fatte salve alcune eccezioni come ad esempio nel caso del territorio Locrese.
 

Secondo Strabone, la città fu fondata dai Locresi del golfo di Crisa.  Altre fonti, tra cui Polibio, dicono che i coloni sarebbero venuti dalla Locride Opunzia (Locride orientale) di fronte all'isola Eubea, e questa testimonianza è confermata da Eforo, con cui polemizza Strabone, e da Virgilio, che chiamò i fondatori della colonia Narici. Altre testimonianze parlano di una provenienza dalla Locride Ozolia, sul golfo di Corinto.

 

 

Il primo insediamento venne fondato nel luogo indicato dall'oracolo di Delfi, presso capo Zefirio (l'attuale capo Bruzzano), ma dopo alcuni anni i coloni - insoddisfatti della località occupata pur corrispondente all'indicazione dell'oracolo - si spostarono verso nord di circa venti chilometri, dove fondarono una nuova città alla quale diedero lo stesso nome del primo insediamento, probabilmente per sentirsi sempre sotto la protezione del dio Apollo.

I coloni si trasferirono sul colle Epopis, dove però trovarono insediate popolazioni indigene di Siculi, che sarebbero state scacciate dai locresi con uno stratagemma molto astuto: i coloni giurarono che fin quando avrebbero calcato la stessa terra e portato la testa sulle spalle sarebbero stati fedeli, ma a giuramento fatto essi si liberarono della terra messa in precedenza nei calzari e delle teste d'aglio, scacciando i Siculi dalla zona.

Nel corso di un secolo la polis di Locri Epizefiri estese la propria presenza dalla costa ionica al versante tirrenico dell'attuale Calabria, probabilmente per tenere lontana la minaccia di un'espansione della nemica Kroton (Crotone); così i locresi fondarono tra il 650 a.C. ed il 600 a.C. le due colonie di Medma (oggi Rosarno) e di Hipponion (oggi Vibo Valentia), probabilmente su preesistenti centri abitati, ed occuparono Metauros (oggi Gioia Tauro), centro già fondato come propria colonia da Zancle (Messina) o Rhegion (Reggio Calabria)

Cronologia

 Pausania e Polibio collegano la fondazione di Locri alla prima guerra messenica, Eusebio di Cesarea nelle Cronache indica il 673 a.C. Secondo Strabone essa seguì di poco quella di Siracusa (733 a.C.) e di Crotone (710 a.C.) . Aristotele sostiene che i fondatori fossero dei servi fuggiti con le mogli dei loro padroni, impegnati con Sparta nella guerra contro i Messeni. Questa affermazione, negata più tardi da Timeo, fu confermata da Polibio che raccolse le testimonianze dirette dei discendenti locresi. Pausania, dal canto suo, ha respinto la tesi della fondazione della colonia da parte di servi fuggiti, con tutta una serie di motivazioni ben argomentate. Innanzitutto riferisce della tradizionale leggenda Locrese riguardo ad una spedizione ufficialmente inviata da Sparta, ai tempi del re Polidoro, per partecipare alla fondazione della colonia, in netto contrasto quindi con l'idea di una fuga di servi. In secondo luogo, Pausania evidenzia molti punti di contatto tra Locri e Sparta relativi all'aspetto religioso: il culto di Persefone era fondamentale nella società Locrese, così come a Sparta; allo stesso modo erano importanti per Locri e Crotone i culti di Achille, Eaco e Tetide, provenienti da Sparta, da cui derivò la genealogia di Locro fratello di Crotone; e, altro importante elemento, la richiesta da parte dei Locresi a Sparta, prima della battaglia della Sagra, di un aiuto militare. Aiuto che, concretizzatosi in modo pressoché simbolico con l'invio di un ristretto manipolo di soldati, diede origine al culto dei Dioscuri, i quali si sarebbero materializzati sul campo di battaglia prendendovi parte attiva. Tutti questi dettagli sembrano quindi invalidare l'idea di Polibio, restituendo valore a quella di Timeo.  Tra gli studiosi ha preso piede l'idea che questi spostamenti dalla Grecia fossero inizialmente occasionali, da parte di mercanti, esploratori e pirati, in un periodo di "pre-colonizzazione" compreso tra la fine del IX e l'inizio del VIII secolo a.C., prima quindi del periodo di vera e propria colonizzazione successiva. Questo rende, se non plausibile, quantomeno ipotizzabile l'idea della fondazione di Locri da parte di una spedizione di coloni, accompagnati da soldati spartani od addirittura da pirati, assoldati come mercenari da Sparta che a causa della prima guerra messenica, probabilmente avrebbe ritenuto più prudente questa soluzione che non distrarre delle forze militari dalle operazioni in corso.

Alleanza con Reggio

Verso il 560 a.C.-550 a.C. Locri Epizefiri fu alleata di Reggio nella vittoriosa battaglia avvenuta al fiume Sagra che fermò la volontà espansionistica verso sud di Crotone.

Secondo la leggenda, i 15 000 uomini dell'alleanza locrese-reggina sbaragliarono ben 130 000 crotoniati, e Zeus avrebbe sorvolato la battaglia sotto forma di aquila, mentre i suoi figli (i Dioscuri) sarebbero apparsi a cavallo prendendovi parte.

In seguito a tale vittoria nelle due poleis italiote di Reggio e Locri Epizefiri iniziò ad essere praticato il culto dei Dioscuri; in particolare presso gli scavi del tempio ionico di "Marasà" a Locri Epizefiri sono state rinvenute due statue, gli acroteri in marmo, che potrebbero raffigurare i gemelli figli di Zeus (oggi custodite a Reggio presso il Museo nazionale della Magna Grecia).

L'esito della battaglia della Sagra confermò Locri Epizefiri come una nuova potenza della Magna Grecia.

Successivamente, con il crescere della potenza di Reggio governata dal tiranno Anassila, Locri Epizefiri dovette respingere l'egemonia della città dello stretto, ricorrendo all'aiuto di Siracusa.

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Una delle statue dei Dioscuri esposte al museo di Reggio.

Alleanza con Siracusa

Dal V secolo a.C. Locri Epizefiri stabilì alleanze con la Siracusa dei Dinomenidi prima e di Dionisio I e del figlio Dionisio II poi, entrando così nell'orbita dei tiranni della polis siceliota. Erodoto riporta di un arrivo nel 493 a.C. di profughi samii a Locri.

Nel 477 a.C. Anassila di Reggio durante la sua campagna espansionistica attaccò Locri, che si rivolse al tiranno Ierone di Siracusa. Successivamente, quando Atene organizzò la spedizione in Sicilia, Locri Epizefiri si schierò dalla parte di Siracusa nella sua personale guerra contro Reggio (alleata di Atene).

L'alleanza tra Locri e Siracusa venne ulteriormente rafforzata dal matrimonio tra Dionigi e la locrese Doride. Quando nel 389 a.C. il tiranno siracusano sconfisse la Lega Italiota, donò a Locri Epizefiri le terre di Kaulonia (presso Monasterace marina e di Scolacium (nei pressi di Squillace), che delimitavano il confine nord con Crotone, mentre a sud il confine con Reggio era delimitato dal fiume Halex (presso Palizzi). Il IV secolo a.C. fu per Locri Epizefiri un periodo di grande splendore artistico, economico e, soprattutto, culturale. In particolare, di questo periodo storico, vanno ricordate le figure della poetessa Nosside e dei filosofi Echecrate, Timeo ed Acrione fondatori di una fiorente scuola pitagorica (introdotto a Locri all'epoca di Dionisio I): lo stesso Platone, secondo quanto attesta Cicerone, si sarebbe recato di persona a Locri per apprenderne i fondamenti.

Dopo la morte di Dionigi I, Locri Epizefiri ospitò fra le proprie mura Dionigi II il quale, esiliato da Siracusa, instaurò tra il 357 e il 347 a.C. la tirannide nella polis italiota. Ma la sua politica contro gli aristocratici locali mirava solo al ritorno in patria e dunque, una volta che ebbe svuotate le casse della cittadina calabra, il popolo insorse uccidendo tutta la sua famiglia e cacciandolo ancora. Venne dunque instaurata la democrazia.

Conquista Romana

Nel 280 a.C. Locri Epizefiri si alleò con Pirro, re dell'Epiro, nella guerra tra Romani e Sanniti, sia per esigenza militare che per far fede a un'alleanza stabilita da tempo con Taranto.

Dopo qualche anno però i locresi passarono dalla parte dei Romani e Pirro nel 266 a.C. devastò la città e saccheggiò il tempio di Persefone.

Livio (Ab Urbe Condita XXIX 8, 9) ci tramanda di come Pirro, pentito del grave oltraggio perpetrato nei confronti della dea, interpretò alcune sue disgrazie successive come una punizione della dea stessa nei suoi confronti e decise di restituire il tesoro del Santuario per tentare di placarne l'ira:

"[...] qui cum magno piaculo sacrilegii sui manubias rettulit."

"(Ma si diceva anche che Pirro), dopo una grave espiazione, restituì le ricchezze (ricavate) dal suo atto sacrilego".

Ma il fallimento per Pirro era, comunque, ormai vicino, e si consumò, sempre nel 275 a.C., con la sconfitta di Maleventum (l'odierna Benevento), che lo costrinse ad abbandonare l'Italia.

L'effetto principale che, quindi, ebbe la venuta in Italia di Pirro fu l'aver permesso a Roma di accelerare la propria espansione verso sud, prendendo il controllo di quella che un tempo era stata la Magna Grecia; e come accadde a tutte le altre città del Bruzzio, anche Locri Epizefiri ricadde sotto il controllo di Roma seguendone, d'ora innanzi, le sorti.

Nella seconda guerra punica Locri si schierò con Annibale e fu conquistata dai Romani nel 205 a.C..

In seguito la città declinò e nell'VIII secolo fu abbandonata dagli abitanti che si ritirarono nell'entroterra

Archeologia

La zona archeologica dell'antica Locri Epizefiri si trova nel comune di Portigliola, circa 3 km a sud dell'attuale centro abitato del comune di Locri, si estende nel territorio pianeggiante compreso tra la fiumara Portigliola, la fiumara Gerace, le basse colline di Castellace, Abbadessa e Manella, e il mare.

Gli scavi archeologici  hanno rivelato che l'abitato, organizzato con un impianto urbanistico regolare, è attraversato da una grande arteria che ancora oggi conserva il nome greco di "dromo".

La città antica era difesa da una cinta muraria di 7 km, in molti tratti ancora visibile. All'esterno delle mura si estendono le necropoli, mentre la maggior parte delle aree sacre sono disposte in prossimità della cinta. I santuari all'interno delle mura sono dotati di edifici templari monumentali e risalgono al periodo arcaico, mentre quelli situati immediatamente all'esterno presentano un aspetto meno monumentale, pur essendovi state rinvenute abbondanti offerte votive. 

 

  • Il Teatro

 

Tra i monumenti ancora oggi visibili c'è il teatro, risalente al IV secolo a.C. con rifacimenti in età romana: è l'unico edificio pubblico non sacro riportato alla luce a Locri. Si tratta di una costruzione realizzata sfruttando una conca naturale situata ai piedi dell'altura di Casa Marafioti. Rimangono, oltre alle fondazioni dell'edificio scenico, parte dei gradoni in arenaria della cavea, che potevano accogliere circa 4 500 spettatori. In età romana imperiale l'edificio fu trasformato eliminando le file più basse delle gradinate e costruendo un alto muro semicircolare in blocchi di calcare, in modo da proteggere gli spettatori durante le lotte tra gladiatori o tra uomini e animali.

 

 

  • Il Santuario di Zeus

 

Per quel che concerne il periodo arcaico va menzionato il santuario di Zeus che nel corso del tempo ebbe un'articolazione sempre più ricca. In base alla scoperta a metà altezza della collina della Mannella di un deposito di iscrizioni, così importante per la più tarda amministrazione della città, si è congetturata la presenza dell'agorà ai suoi piedi.

Al momento il Santuario di Zeus Olimpio non è stato ancora localizzato, eccezion fatta per una teca cilindrica, in pietra calcarea, veramente notevole (del diametro di 125 cm. ed alta circa un metro e mezzo con pareti spesse 31 cm.) chiusa da un pesante coperchio, che fungeva da archivio del Santuario stesso.

 

 

 

  • Santuario di Atena 

 

E sempre all'interno della cinta di mura sulla collina della Mannella fu apprestato, con ogni probabilità nel VI secolo a.C., un luogo di culto per un'altra divinità olimpica, Atena.

 

  • Santuario dell ninfe e santuario di Demetra

 

Altri luoghi di culto, sorti a mano a mano fuori dalla cinta muraria, come il santuario delle ninfe in Contrada Caruso o quello di Demetra in Contrada Paparezza (cf. infra), oltre a diverse installazioni domestiche che raccontano le differenti costumi religionsi e culturali della colonia .

Il Santuario di Grotta Caruso, conosciuto anche come Grotta delle Ninfe (che qui erano venerate), si sviluppava all'interno di una grotta, al di fuori delle mura cittadine, che si trova nell'odierna contrada Caruso. Già attivo nel VI sec. a.C., il Santuario era uno dei tanti esempi di come gli antichi vedessero nelle risorse naturali vitali per la sopravvivenza della comunità (in questo caso si trattava di una sorgente), un segno divino da onorare e venerare.

 

  • Area sacra ad Afrodite

 

L'area sacra di Afrodite si trova nei pressi dell'abitato di Centocamere, situato vicino alla costa, ed è un complesso formato da un tempietto, da una serie di ambienti con portico a "U" e da un cortile centrale; la sua costruzione, avvenuta in due tempi, è da collocarsi tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C., mentre il suo utilizzo si è protratto fino alla metà del IV secolo a.C. In località Marasà sud, immediatamente all'esterno delle mura, e a contatto con l'area delimitata dalla stoa ad U sorgono un sacello tardo arcaico (databile tra il 500 e il 480 a.C.) dedicato senza dubbio ad Afrodite e la cosiddetta casa dei leoni, dove avevano luogo celebrazioni private delle Adonie, improntate allo "stile" di culto ateniese, tenute da tiasi femminili.

 

  • La necropoli di Lucifero

 

La necropoli locrese più nota è quella di Lucifero, dove sono state rinvenute circa 1 700 tombe databili tra il VII e il II secolo a.C. e spesso segnalate da vasi di grandi dimensioni, di buona fattura e pregio, opera di ceramografi ateniesi di fama, oppure da "arule", piccoli altari in terracotta decorati con immagini del mondo dell'oltretomba.

 

  • Il tempio Ionico 

Uno dei templi interni alla cinta muraria è il Tempio ionico di Marasà, una costruzione databile attorno al VI-V secolo a.C.

 

  • Il gruppo marmoreo dei Dioscuri  

 

Tra i maggiori rinvenimenti statuari vi è il gruppo marmoreo dei Dioscuri a cavallo, esposto nel Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Si tratta di una imponente scultura raffigurante un Dioscuro che scende da un cavallo impennato sorretto da un tritone con la barba, il busto umano coperto da un panno e il resto del corpo con sembianze di pesce.

 

Nello stesso Museo, oltre ai numerosi reperti provenienti dagli scavi effettuati nella zona dell'antica colonia greca, sono esposte alcune antefisse a testa di sileno, che forse coronavano a scopo decorativo la scena del Teatro. Nella cella tesauraria del santuario della Mannella dedicato a Kore-Persefone sono state trovate numerose tavolette fittili (Pinakes), scolpite con la tecnica del bassorilievo, risalenti per la maggior parte alla prima metà del V secolo a.C. Alcune fanno riferimento alla pratica della prostituzione sacra delle vergini, in uso presso la società locrese.

Secondo molti studiosi, il celebre Trono Ludovisi proviene proprio dal tempio ionico di Afrodite di contrada Marasà dell'antica polis. Del resto un frammento di pínax, quadretto votivo in terracotta del 470-60 a. C.circa rinvenuto nel tempio di Persefone in contrada Mannella presso Locri e attualmente nel Museo della Magna Grecia a Reggio Calabria, mostra parte di una figura femminile pressoché identica a una delle due donne rappresentate sui lati del Trono Ludovisi.

Secondo l'archeologa Margherita Guarducci, il Trono costituiva il parapetto del bothros; ipotesi avvalorata dal fatto che le dimensioni della scultura combaciano al centimetro con i tre lastroni di pietra superstiti, del rivestimento del bothros, ancora visibili nell'area archeologica del Tempio di contrada Marasà.

 

  •  Togato di Petrara

 

Questa statua, riportata alla luce in contrada Petrara nel 2003 durante una campagna di scavi che ha interessato l'area romana dell'antica Locri, rappresenta il primo straordinario esempio di "togato" rinvenuto nel territorio dell'antico Municipium ed ha portato gli studiosi ad ipotizzare, per la prima volta, la presenza sul territorio locrese di botteghe di scultori la cui qualità produttiva nulla aveva da invidiare alle coeve botteghe di Roma.

 

La statua, realizzata in marmo e risalente al I sec. d.C., è alta circa 2 metri e 30 centimetri e raffigura un uomo di età matura che indossa una toga.  La statua potrebbe rappresentare molto probabilmente un magistrato del Municipium o, comunque, ad un'importante personalità.

 

  • Tabelle dell'archivio del Santuario di Zeus

 

 

Le 39 tabelle di bronzo (scritte in caratteri greci del IV-III sec. a.C.) esposte al museo nazionale di Reggio Calabria, provengono da quello che è stato definito l'Archivio del Santuario di Zeus Olimpio, sito in contrada Pirettina.

Tali tabelle (che sono di varie dimensioni) non vennero recuperate durante scavi ufficiali, vennero invece scoperte, nel 1959, da alcuni contadini, i quali, inizialmente, le fecero sparire (probabilmente insieme ad altre tavolette ed a molti altri tesori che, purtroppo, ora si trovano chissà dove) in attesa di rivenderle. Esse vennero, però, in seguito, fortunatamente recuperate dalle autorità competenti e, dopo essere state studiate, collocate nel museo.

Quando vennero studiate per la prima volta, c'era la speranza che, essendo state scoperte nella città che diede i natali al primo legislatore occidentale, Zaleuco, potessero contenere il suo codice di leggi; ma non era così.
Passato il primo momento di delusione (anche se è improprio definirla così in quanto ci si trovava di fronte comunque a reperti pressoché unici non solo per la Magna Grecia, ma per l'intero mondo greco) gli studiosi riuscirono a trarre moltissime informazioni dalle tabelle, informazioni che contribuirono a meglio definire la storia economica e politica di Locri; tali tabelle fornirono inoltre informazioni precise su quelle che erano le istituzioni, il calendario ed anche l'onomastica dell'antica Locri.

 

  • IL SANTUARIO DI ZEUS SAETTANTE

 

Alle spalle del Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri, poco prima di imboccare il sentiero che porta al Tempio di Marasà, si trova un'area (adiacente alla torre quadrata che caratterizza l'angolo est della struttura muraria dell'antica città) nella quale gli archeologi hanno individuato diversi depositi votivi risalenti ad un periodo compreso tra il V sec. a.C. ed il III sec. a.C.

 

 

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Un pinax, al plurale pinakes, (in greco πίναξ, plurale πίνακες) è, nell'uso dell'archeologia moderna, una tavoletta votiva in legno dipinto o un bassorilievo in terracotta, marmo o bronzo generalmente appeso sulle pareti dei santuari o sugli alberi sacri nell'antica Grecia.

Originariamente il termine indicava genericamente una tavola o quadretto dalla superficie piatta, in particolare una Tavoletta cerata usata per scrivere. Per estensione il termine è andato ad indicare le immagini votive appese nei santuari.

In Magna Grecia furono prodotti tra il 490 e il 450 a.C. principalmente nelle poleis di Locri Epizefiri, Medma e Hipponion. Altri pinakes sono stati ritrovati in Sicilia, presso Francavilla di Sicilia.

Molte delle raffigurazioni in bassorilievo pervenute riguardano la devozione a Persefone, la dea rapita dal dio dell'oltretomba Ade, il quale la portò negli inferi per sposarla ancora fanciulla. Un considerevole numero di esemplari di pinakes è custodito presso il Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria dove in circa centosettanta modi diversi sono rappresentati i vari momenti del mito: il ratto di Persefone, i preparativi per le nozze, i due sposi in trono, la raccolta della frutta, etc.

Necropoli

 

All'esterno della città vi sono diverse necropoli, presso le contrade Monaci, Russo, Faraone, Lucifero, dove sono state ritrovate oltre 1 700 tombe.

La Necropoli di contrada Lucifero, in uso dall'VIII secolo a.C. al III secolo a.C. comprende tombe di tre tipi: tomba a fossa, tomba alla cappuccina e tomba a semibotte.
Vi sono stati trovati oggetti di valore e pregiati, importati dalla Grecia o dalla Magna Grecia (IV secolo a.C.), tra cui vasi, specchi, ornamenti di bronzo e monili in metallo prezioso.
Gli oggetti da toletta per donna erano per la cosmesi personale 
Nella necropoli di Lucifero sono stati trovati specchi in bronzo (prodotti da artigiani locali), e fibule (spille di bronzo per abiti, prodotti locali del VI e V secolo a.C.).
In tutte le tombe sono state trovate delle lekythoi, al sing. lekythos, ovvero vasi per contenere oli profumati per toeletta, usati anche dagli atleti prima degli esercizi sportivi e per i rituali funebri.

Locri è insieme alla città di Sparta una delle pochissime città greche in cui le donne partecipavano alle gare atletiche. Gli atleti usavano uno strumento ricurvo in metallo (strigile) per pulirsi dal sudore e dagli unguenti ed oli profumati alla fine delle gare.
Gli specchi, produzione tipica locrese, esportati in Magna Grecia ed in Sicilia, erano fabbricati in bronzo con manici a figura maschile o femminile.

 

La Necropoli di contrada Parapezza, a sud-ovest di Lucifero, comprende oltre 200 tombe. Fu usata intensamente in età arcaica (VI secolo a.C.) e in età ellenistica (III e II secolo a.C.).
In una tomba ad inumazione sono stati trovati piccoli contenitori importati da Corinto, dall'oriente greco (Asia Minore) e dall'Attica.
Nel VI secolo a.C. erano usati grandi contenitori di ceramica (anfore per il trasporto del vino e dell'olio), molte delle quali erano state importate da Corinto o da Atene. Vi sono inoltre delle anfore importate dalla Laconia; questo tipo di ceramiche fu prodotto nel VII e VI secolo a.C. La ceramica laconica, diffusa in tutto il Mediterraneo, veniva fabbricata usando un'argilla rosata, coperta da ingubbiatura giallina, sulla quale si dipingevano figure in nero.
Sono state ritrovate delle hydriai, vasi a tre anse per attingere e trasportare acqua. I vasi più grossi venivano usati per contenere i corpi senza vita di piccoli bambini. Altri vasi venivano usati per le ceneri dei defunti.
I giardini di Adone (IV secolo a.C.) erano realizzati nelle anfore da trasporto, opportunamente spezzate e capovolte. Venivano coltivati finocchi e lattughe, innaffiati con acqua calda per accelerarne la crescita.

La Necropoli di contrada Faraone è posizionata nel nord-est dell'area urbana. Durante gli scavi è stato trovato un piccolo frontone in calcare con fregi dorici (frontone del naiskos), datato tra il IV e III secolo a.C.

Templi

Il celebre Santuario di Persefone situato a mezza costa del colle della Mannella è stato definito da Diodoro Siculo come "il più famoso tra i santuari dell'Italia meridionale" (ma escludeva la Sicilia).

Non è ancora stato compreso quale culto si praticasse in questo santuario, ma sembra si tratti delle divinità dell'oltretomba, principalmente Persefone.

 

Le ricchezze del Persephoneion locrese furono depredate da Dionisio II (360 a.C.), Pirro (276 a.C.) e dal comandante romano Pleminio luogotenente di Scipione dopo la cacciata da Locri Epizefiri durante la seconda guerra punica (205 a.C.). Gli oggetti votivi rinvenuti nel complesso architettonico (terrecotte figurate, frammenti di vasi, arule, pinakes, specchi e iscrizioni con dedica alla dea) si datano tra il VII e il II secolo a.C.

Riguardo al Tempio Ionico in contrada Marasà si sa che nella prima metà del V secolo a.C. i locresi abbatterono il tempio arcaico e lo sostituirono con uno più grande in stile ionico in calcare. 

Il tempio di Marasà fu realizzato da architetti e maestranze siracusane operanti a Locri Epizefiri nel 470 a.C. su iniziativa del tiranno Ierone di Siracusa (alleato e protettore dei locresi). Il nuovo tempio ha la stessa ubicazione ma è orientato diversamente.

Il tempio è stato distrutto nel XIX secolo ed i ruderi mostrano oggi un solo rostro di colonna.

 

Questo tempio era molto più alto dei templi dorici (rapporto altezza e larghezza 1:1), ed è uno dei pochi templi ionici della Magna Grecia.

 

Da un esame preliminare risulta che a Locri Epizefiri vi fosse un Tesmophorion, un Iatreion di Demetra (Grotta Caruso), e un Persephoneion che apparentemente veniva adibito a Telesterion per i Misteri "Eleusini".

 

La connessione di Locri con il culto occidentale di Afrodite e Adone è stata evidenziata dall'analisi di Torelli che ha identificato il bothos del tempio di Marasà con la cassa-tomba del giovane dio.

Si tenga conto che nella stoà ad U sono stati rinvenuti 356 bothroi con resti di pasti, evidentemente destinati alla celebrazione di banchetti sacri.

 

La casa dei leoni che sorge in zona limitrofa a questo complesso è un luogo destinato all'omaggio rituale privato nei confronti di Adone. Di questo culto locrese ci dà notizia anche la poetessa Nosside, che forse faceva parte di uno dei thiasi femminili che onoravano il dio.

Teatro

Identificato nel XX secolo da P. E. Arias, il teatro greco di contrada Pirettina sfrutta una concavità naturale ai piedi del pianoro Cusemi ed è stato scavato tagliando i gradini nell'arenaria tenerissima. La prima fase del teatro risale alla metà del IV secolo a.C.

L'edificio conteneva fino a 4 500 spettatori. Dalla cavea (koilon) costituita da gradoni tagliati in parte nella roccia ed in parte sistemati con lastre della stessa arenaria, si godeva un notevole panorama della città e del mare.

La gradinata era divisa in sette cunei (kerkìs, in greco κερκίς) mediante 6 scalette (climax, in greco κλῖμαξ). Una partizione orizzontale (diazoma) separava le gradinate da altre (epitheatron) oggi rovinate. Si pensa che il teatro servisse anche per riunioni politiche.

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Specchio in bronzo - dalla necropoli di contrada Lucifero, a Locri - seconda metà del V secolo a.C. - Nel manico è raffigurata una sirena, caratterizzata dal corpo di uccello e testa di donna. La figura mitologica ha le ali semiaperte e poggia su un motivo a volute, palmette e fiori di loto, che funge da raccordo con il manico, originariamente rivestito in altro materiale. – Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria

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Calabria - Schiaccianoci in bronzo configurato a coppia di avambracci, dalla necropoli di Contrada Lucifero (VII sec. a.C.), Locri Epizefiri (Reggio Calabria)

Ph.: www.archeocalabria.beniculturali.it

www.calabriadreamin.it

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