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IL BLOG DI CALABRIADREAMIN

Cosa Vedere in Calabria: Il Tracciolino della Costa Viola a Palmi

2020-06-04 23:41

Dr. Domenico Bagalà

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Cosa Vedere in Calabria: Il Tracciolino della Costa Viola a Palmi

Il sentiero del “Tracciolino” nacque come opera ingegneristica-idraulica, oggi è una gettonata meta escursionistica tra celo e mare

Cosa vedere in Calabria:

Il Tracciolino della Costa Viola a Palmi

Le prime stampe a noi note della Montagna di Sant’Elia in cui appare il Tracciolino, sono state pubblicate nel volume Visioni di Calabria nel 1929, a un anno dal tour estivo di Theodore Brenson in Calabria. La cura e il saggio introduttivo, redatto con prosa lieve e raccolta, erano di Luigi Parpagliolo, storico dell’arte e ambientalista calabrese di Palmi, attento alle dinamiche del paesaggio, autore di importanti opere come La difesa delle bellezze naturali d’Italia del 1923 (uno dei primi manifesti a tutela della natura in Italia).

Theodore Brenson "Visioni di Calabria" vista della Montagna di Sant’Elia e del Tracciolino anno 1928

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L’opera di ingegneria idraulica detta "Tracciolino"

 

Probabilmente già nel sec. XVI tra la zona dei terrazzamenti coltivati a vigneto della costa Viola e la Carlopoli (primo nucleo di Palmi) esisteva già un sentiero di passaggio utilizzato principalmente per le necessità agricole. Riteniamo infatti, che al quel tempo la comunicazione tra i centri abitati, veniva garantita, oltre che via Mare, soprattutto attraverso sentieri e strade, la più importante era la strada di epoca romana Annia-Popilia, che oggi in parte coincide con la Strada delle “Regie Poste”[1] e la Nazionale 18[2], il cui tracciato passa tuttora all’altezza dei Piani della Corona.

Il Tracciolino, lungo la dorsale del Monte S. Elia fu realizzato o presumibilmente ampliato, per costruire un sistema idraulico di captazione e convogliamento di sorgenti, che dalla fonte più importante, quella dell’Olmo vicino Ceramida di Bagnara, portava l'acqua a Palmi, e, come messo in luce da alcuni scavi recenti, verosimilmente anche alla monumentale Fontana della Palma posta al centro della Piazza del Mercato (oggi I° Maggio) anno 1669[3]. L’opera di ingegneria idraulica fu voluta dal Marchese Andrea Concublet, fondatore della città moderna di Palmi, per aumentare la portata di acqua potabile, che a quel tempo veniva fornita soltanto dalle fonti di Vitica. Questa opera idraulica, per caduta naturale lunga circa 8,4 Km[4] fino alla fonte dell’Olmo, allo stato attuale delle conoscenze, sembrerebbe essere l’opera idraulica per usi civici, più imponente, della Calabria di quell’epoca [5].

Per quanto attiene alle infrastrutture idriche della Palmi del 600”, Andrea Concublet procedette alla riorganizzazione del rifornimento idrico sia in ambito urbano, che extraurbano, introducendo il concetto dell’acqua “bene pubblico” e “primario” per tutti i cittadini, dotando la città di fontane e lavatoi (alcuni ricostruiti ancora nello stesso sito vicino il Campo sportivo e dietro i Canali). Invece per le industrie di allora: mulini, frantoi, falegnamerie e concerie in parte visibili nella zona ancora oggi chiamata appunto “Conceria” (dove inizia il Tracciolino), fu poi organizzato un vero e proprio “sistema di distribuzione gestito dai “Maestri d’acqua”.[6] Così i terrazzamenti di Palmi divennero un rigoglioso giardino.

 

[1] Alcuni tratti sono stati individuati dall’Associazione “Indietro Tutta” di Barritteri.

[2] Vincenzo Spanò “La Via Annia - Popilia in Calabria” Laruffa Editore 2010

[3] Antonio De Salvo “Ricerche e studi storici intorno a Palmi, Seminara, e Gioia Tauro” 1899

[4] La distanza è stata misurata con dispositivi GPS da Carmelo Arfuso, Presidente dell’Associazione “Indietro Tutta” di Barritteri

[5] Domenico Bagalà, ricerche e studi storici presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, 2014  - Biblioteca Nacional de Espana, 2015.

[6]  Nel Regno dei Vice Re Spagnoli nel Sud Italia, con il nome di maestri d’acqua erano noti gli attuali fontanieri (o idraulici), che per lunghissimo tempo furono aggregati alla maestranza dei muratori. Si narra che a Palermo le due fazioni, litigavano continuamente per ragioni di precedenza e prestigio, finché nel 1644 i maestri d’acqua decisero di costituire una propria corporazione, con un proprio console, un determinato posto nelle processioni ed un proprio servizio di guardia militare (questi erano i servizi a cui ogni maestranza aveva diritto), questo modello si diffuse rapidamente in tutto il Sud Italia.

 

Ciò che rimane dell'antica fontana della Palma

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I sistemi idraulici per la distribuzione delle acque messe in atto, erano una eredità della cultura araba, maggiormente diffusa in occidente dai monaci orientali (conosciuti anche come "bizantini o basiliani"), che si rifugiarono nei nostri territori, amministrati dall'impero bizantino, dal sec. V al sec. XI, per sfuggire dalle lotte iconoclaste, e dalla avanzata degli arabi.

Lungo il Vallone S. Michele a Palmi (da noi chiamato Valle dei Mulini), tra le opere ancora visibili, oltre ai ruderi molto interessanti di diversi mulini, trappeti (frantoi), alcuni di impronta bizantino-normanna, si distingue il sistema di irrigazione, di ispirazione araba, caratterizzata da numerose “Mastre” e chiuse a saracinesca, che avevano la funzione di deviare l’acqua da una macchina all’altra o verso un orto gestendo l’erogazione attraverso l’utilizzo della “gèbbia” (vasca, in arabo: gébiya) che permettevano di conservare e rilasciare al bisogno l’acqua necessaria nei tempi e nella quantità occorrente.

Particolarmente interessante dal punto di vista dell’archeologia industriale, i qanāt (in arabo: قنات o persiano: كاريز , kārīz), sono un sistema di trasporto idrico usato per fornire una fonte affidabile d'approvvigionamento d'acqua attraverso la captazione delle acque sparse da San Michele di Vitica, lungo la dorsale del Tracciolino e nel Vallone San Michele. Si tratta di strette gallerie sotterranee a forma di T scavate nelle falde acquifere, collegate a tunnel sotterranei o canali ricoperti, che attraverso tecniche raffinatissime di emungimento, attingimento, accumulo, adduzione, distribuzione e somministrazione delle acque erano finalizzati ad alimentare le “Macchine” e i giardini a valle. Lungo la prima parte del Tracciolino e a San Biceli (s. Michele di Vitica) sono ancora presenti alcune di queste strutture. Per realizzarle, i maestri d’acqua (gli idraulici del tempo, già nel 600” organizzati in corporazione), utilizzavano strumenti diversi: dalle semplici zappe, ai cunei di legno per spaccare il granito (la roccia che per massima parte concorre alla composizione del terreno nella Montagna di S. Elia)[7]. In origine i maestri d’acqua realizzavano soltanto le strutture idrauliche, ma nel 600", in analogia a quanto avveniva in Sicilia, proprio davanti l’esigenza di gestire la risorsa “acqua bene di tutti”, assunsero progressivamente una funzione pubblica molto simile a quella che ancora esiste a Venezia, “il magistrato delle acque”.[8] Era il maestro che azionava le chiuse a saracinesca e decideva a chi indirizzare l’acqua: al mulino piuttosto che al Frantoio, piuttosto che all’orto e per quanto tempo, era una sua decisione, la valutazione era insindacabile, ma anche saggia, essa si basava sulla valutazione delle necessità e della stagione. L’acqua al tempo di Andrea Concublet era pubblica.

 

[7] Domenico Bagalà, ricerche e studi storici presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, 2014  - Biblioteca Nacional de Espana, 2015.

[8] Il Magistrato delle acque non è una persona fisica ma una istituzione pubblica che si occupa della gestione, sicurezza e della tutela idraulica. Così il

   maestro d’acqua nel sud Italia, si occupava della manutenzione e gestione delle acque e della loro fruizione.

 

Valle dei Mulini - Marinella

Mulino ad acqua Saitta (mbutu)

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Gèbbia (vasca) - Valle dei Mulini, Torrente S. Michele - Palmi

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Tracciato idraulico detto "Tracciolino"

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I sistemi idrici del Tracciolino risalgono almeno a tre fasi storiche diverse: come detto, quella della seconda metà del 1600, realizzata da Concublet costituita da tubi in terracotta invetriati internamente, in uso fino al sec. XVII, probabilmente realizzati a Seminara; quella del 1800 con tubi in ghisa quasi certamente provenienti dalla Real Ferriera di Mongiana e quella del 1900 dove diversi tratti sono stati modernizzati con tubazioni in ferro, questi probabilmente ad opera del giovane Consorzio Acquedotto Vina che nel 1929, ha riorganizzato i sistemi idrici di Palmi in chiave moderna. Per restare in tema,  il nuovo acquedotto ha fornito l’acqua a due importanti e monumentali fontane: la Fontana della Palma in Piazza Amendola progettata dall’arch. Jommi,[9] ispirata da quella fontana posta al centro della Piazza nel 1669, realizzata da Concublet e la Fontana dei Canali, dove confluivano due tipi di acque differenti anche al gusto, cioè dalla sorgente più antica proveniente da Vitica, che serviva la Carlopoli poi Cittadella e dalla sorgente dell’Olmo che ancora arrivava a Palmi anche dopo la rimozione dalla Piazza del Mercato dell’antica fontana di Concublet (avvenuta con il malcontento popolare nel 1886). Sopra ogni fontana furono collocate delle targhette in bronzo indicanti appunto le sorgenti[10].

Recentemente la fase seicentesca dei sistemi idraulici del Tracciolino, è emersa dalla storia; come abbiamo potuto accertare infatti, sono visibili in alcuni tratti la condotta in terracotta, vasche di decantazione e manufatti in pietra a protezione della condotta stessa, ivi comprese opere per attraversare depressioni e valloni come ponti e muri. Alcune di queste opere, le più antiche del sec. XVII sono state rimesse in luce a seguito dei lavori di ripristino del sentiero nell’ambito del progetto denominato “Dorsale verde”: grande itinerario della mobilità lenta per la fruizione del patrimonio paesaggistico e storico culturale della destinazione turistica della Fata Morgana” che vede impegnati i Comuni di Palmi, Seminara Bagnara e Villa S. Giovanni.

 

[9] Domenico Ferraro “Palmi - immagini, cronaca, storia” Istituto Zecca dello Stato – Banca Popolare di Palmi 1982 

[10] Nel 2011 la benemerita Associazione Prometeus di Palmi ha restaurato con la passione e con l'amore la "Fontana dei Canali", offrendo una veste impreziosita e del tutto rinfrescata col bronzo, col marmo e con l'arte degli artisti: Fabio Belloni - Maurizio Carnevali e Achille Cofano

La Fontana dei Canali

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Targhetta con riferimento alla sorgente dell'Olmo

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Lungo il Tracciolino, in verticale, un tubo in terracotta invetriato che aveva una funzione volumetrica di riempimento: durante la fase di riempimento di una condotta “gli sfiati” permettono la fuoriuscita dell'aria esistente all'interno delle tubazioni vuote evitando così il pericolo della formazione di sacche d'aria.

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Vicino la fonte Olmo, si può notare che la condotta è inserita nella parete ad una quota di c.a. cm. 120 dal livello di calpestio del sentiero, e ciò per garantire lo scorrimento dell’acqua per caduta lenta; nella parte superiore si nota una posata di mattoncini in laterizio a protezione delle tubature, di eguale misura cm. 10 x cm. 5 spessore cm. 3. Considerato che gli stessi mattoncini si trovano a centinaia lungo il tracciato, si può supporre che questo sistema fosse esteso a tutto il percorso[11].

 

[11] Queste foto sono state scattate nel 2016 durante una escursione con gli amici Sergio, Vincenzo, Lillo e Antonio

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Acquedotto dell'Olmo, posto al confine tra i comuni di Seminara e di Bagnara

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Le tubazioni di creta, come condotte d’acqua, sono note fin dall’antichità e ben descritte da Vitruvio, architetto e idraulico romano (I sec a.C.) nel suo De Architectura (Liber IX, cap.11) col nome di “tubis fictilibus” (tubi di creta). Nell’antica Grecia erano noti come “katos”. In Sicilia e Calabria acquistarono grande diffusione nel periodo arabo e bizantino (IX-XI sec) col nome di “al-qadus” , da cui deriva il nome “catusi”. Sono dei tubi di terracotta a sezione longitudinale leggermente conica in maniera da entrare un’estremità dentro l’altra e potere costituire così una lunga tubazione. Il termine italiano culturale e tecnico più diffuso è quello di “doccioni”.  Utilizzati per il trasporto dell’acqua potabile, consigliati da Vitruvio, rispetto a quelli di piombo tossici, avevano diverse dimensioni in funzione della loro utilizzazione: condotte domestiche, grondaie e condotte idriche “incatusati” etc. Le tubazioni in terracotta invetriata furono in uso fino alla fine del XVII, quando caddero in disuso e vennero sostituiti dai tubi in ghisa e ferro e oggi in polietilene PE. La terracotta, un materiale fittile antichissimo, fatto di argilla pleistocenica e acqua, seppur povero e di bassa tecnologia, è caratterizzata da buone proprietà tecnologiche quali la resistenza meccanica a compressione e trazione, la durevolezza e la straordinaria durabilità, ultra-secolare.

Questi sistemi idrici rimasero tali per secoli, ne è la prova lo sfiatatoio di creta di epoca romana simile a quello del Tracciolino, messo in luce negli scavi archeologici presso il Parco dei Tauriani “Antonio De Salvo” a Taureana di Palmi, posto all'interno della cavea dell’edificio per spettacoli, la quale veniva inondata per la messa in scena delle epiche battaglie navali.

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Questo edificio di Tauriana risale al I secolo a. C., e nasce forse per manifestazioni ludiche come i combattimenti tra gladiatori. Tuttavia la struttura era “polifunzionale” in quanto era destinata anche a rappresentazioni teatrali e aveva una capienza di circa 3000 spettatori.

Il sistema di ingegneria idraulica lungo il Tracciolino, sinteticamente descritto, costituisce un modello da inserire tra gli elementi che costituiscono il patrimonio storico, etnoantropologico e paesaggistico del nostro territorio. Oggi vi sono ancora dei reperti, che però vanno salvati dai vandali e dalla continua distruzione dei sentieri e tutelati come bene della cultura idraulica dell’umanità, per scongiurare che nel volgere di pochi anni vada persa la memoria dell’antico modello e venga cancellato definitivamente un periodo storico fondamentale della nostra storia.

Tubis fictilibus di epoca romana esposte a Mainz (Germania)

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Trekking tra cielo e mare: il percorso del Tracciolino

Oggi il Tracciolino è diventata una gettonata meta escursionistica. Un percorso di Trekking tra cielo e mare da lasciare senza fiato.

l sentiero si sviluppa altimetricamente dai 280 m s.l.m circa a livello del suo innesto, a sud del centro abitato di Palmi, ai 445 m di altezza della sorgente dell’Olmo percorrendo la tipica costa rocciosa con falesie a strapiombo sul mare nota come “Costa Viola”, di grande interesse dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, attraverso i territori comunali di Palmi e Seminara.

Lungo il percorso è visibile il tipico paesaggio terrazzato, costituito dai terrazzamenti un tempo coltivati a vite o i loro resti, sostenuti dai muretti a secco (armacìe).
L’imponente opera ingegneristica di muri a secco è stata realizzata nei secoli da generazioni e generazioni di agricoltori e tutt’oggi solo una piccola parte dei terrazzamenti risultano coltivati.
L’escursionista potrà ammirare uno scenario incantevole sullo stretto di Messina potendo ammirare l’Etna verso sud e le isole Eolie verso Ovest. Si potranno ammirare, inoltre, incastonate tra inaccessibili speroni rocciosi, le spiagge di “Cala Leone” e “Cala Janculla”, accessibili solo dal mare.

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