PRODOTTI TIPICI CALABRESI: IL PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA D.e.C.O.
Il Pesce Spada alla Bagnarota(o alla Bagnarese) è un piatto tradizionale di Bagnara Calabra, borgo marinaro della Costa Viola in provincia di Reggio Calabria e che ha ottenuto la denominazione comunale d'origine (De.C.O.).
Denominazione comunale d'origine
La denominazione comunale d'origine (De.C.O.), o denominazione comunale (De.Co.), rappresenta un riconoscimento concesso dalla locale amministrazione comunale ad un prodotto, in genere strettamente collegato al territorio e alla sua comunità, senza alcuna sovrapposizione con le denominazioni d'origine vigenti.
Le De.C.O. sono state istituite in seguito alla legge nº 142 dell'8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell'ambito dei principi sul decentramento amministrativo, in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali. Dal 2002 sono normalmente istituite prendendo a modello un regolamento-tipo predisposto dall'ANCI.
Le De.Co. sono state utilizzate, in alcuni rari casi, anche per valorizzare eventi folk, quali la Divota commedia di Alessandria o la Via Crucis di Vogogna.
La Denominazione comunale d'origine (a differenza dei marchi Dop, Igp e Stg) non è un marchio di qualità, ma un'attestazione di un comune, approvata a seguito di delibera comunale.
La Pesca del Pesce Spada
Pratiche contemporanee:
Dal 1952 in poi, a causa dello scarso rendimento di questa attività vennero introdotte alcune modifiche come l'introduzione della passerella e del primo motore, queste portarono ad un aumento del ricavo. Con il passare del tempo (1981-82), anche i materiali di costruzione cambiarono (usando spesso il metallo) e la passerella venne allungata. I migliori esemplari di Luntre venivano costruiti in Calabria a Bagnara e Scilla oppure in Sicilia. Barche come queste sono quasi del tutto scomparse dato che sono considerate ingombranti per la gestione e per l’attività, ma vengono ancora utilizzate da alcuni pescatori. Un esemplare, costruito nel 1954 a Chianalea da un vecchio maestro d’ascia, è stato acquistato nel 1981 dal comune di Scilla conservato ed esposto al pubblico come cimelio storico.
Gli esemplari moderni (chiamati sempre "Feluche"), sono costituiti da un’alta torre per l’avvistamento ed una passerella per l’arpionaggio; queste due parti sono molto importanti perché, collegate direttamente da funi e tiranti, garantiscono stabilità all’imbarcazione. La barca è dotata anche di due motori per affrontare le correnti dello Stretto. La torre innalzata al centro della barca ha in cima una coffa, dentro alla quale prende posto l’ultimo componente dell’equipaggio, forse il più importante, dato che dà comunicazioni riguardo alla navigazione e alla presenza o meno del pesce. L’ultima invenzione nel campo delle imbarcazioni sono le spadare, robuste barche che permettono di spingersi in alto mare e catturare un ingente numero di pesci con l’aiuto di lunghe reti. Il sistema è stato in seguito vietato dalla CEF; questo ha riportato i pescatori ad utilizzare le antiche tecniche.
La pesca del pesce spada è una pratica di origini remote, già descritta da Polibio (storico greco del II sec. a.C.). Tramandata di generazione in generazione, in età contemporanea è svolta in Calabria e in Sicilia con tecniche moderne.
Il pesce Spada, questo pesce così affascinante e pregiato viene “cacciato” nei mari dello Stretto di Messina e soprattutto nella Costa Viola (tutta l’area della provincia di Reggio Calabria che va da Villa San Giovanni a Palmi).
In tutta la Costa Viola il la pesca al pesce spada avviene nello stesso modo dei suoi antenati anche se alcuni aspetti di questa attività sono naturalmente mutati nei secoli. La tecnica e la tecnologia sono molto cambiati ma il fascino di questa pescaè rimasto immutato .
Storia
La pesca del pesce spada ha origini molto antiche, infatti si praticava già nel II secolo a.C.. In origine, non veniva usata alcuna imbarcazione: Polibio ha descritto nelle sue opere questa tradizione, facendo trapelare al lettore lo stupore che lui stesso ha provato guardando per la prima volta un pescatore calabrese, appostarsi sugli scogli ed aspettare con l’arpione il pesce spada. Polibio descrive anche altre tradizioni ed usi come l’utilizzo di torrette e passerelle. Questi usi, tramandati di generazione in generazione, hanno fatto sì che da più di duemila anni la tecnica originaria di pesca nello Stretto di Messina sia rimasta pressoché immutata: avvistare il pesce, inseguirlo o attenderlo, lanciargli un arpione e lottare con lui.
Tecnica e imbarcazioni in età moderna:
A differenza di quanto avveniva nell'antichità, negli ultimi secoli (probabilmente dal Quattrocento) venne introdotta un tipo di imbarcazione di origine araba, chiamata Feluca o Luntre, quest’ultimo nome derivante dal latino linter. La feluca è una barca piccola, lunga dai 5 ai 7 metri, senza chiglia, alla quale veniva richiesta la massima stabilità, con un equipaggio di cinque rematori e un arpioniere. Questi cambiavano a volte disposizione, ad eccezione del quinto uomo che saliva sull’albero maestro per avvistare la preda.
Nella costruzione della barca variava la qualità del legname: a volte pino, gelso o quercia. Il fasciame era sottile e leggero e la barca era tradizionalmente dipinta di nero all’esterno in modo da risultare meno visibile al pesce, e di verde all’interno. Per tenere pronti gli arpioni venivano inseriti ad incastro sui bordi a destra e a sinistra dell’arponiere due maschitti, tavole verticali con due scalmiere ciascuna dove a portata di mano riposano trasversalmente le aste degli arponi.
Tra i componenti dell’equipaggio c'era una sorta di gerarchia. Dall’alto dell’albero maestro della feluca, il pescatore detto antenniere, avvistato il pesce spada gettava un grido d’allarme. Il pescatore cercava di cogliere il momento giusto per lanciare la fiocina, la quale veniva legata all’imbarcazione con una lunga lenza.
A questo punto, seguendo un rituale assai rigido, veniva ingaggiata una vera e propria lotta , gli incidenti erano frequenti: per questo motivo veniva invocata la protezione di Santa Maria benedetta, al lancio della fiocina. Il pesce infilzato affiorava saltando fuori dall’acqua e s’inabissava, finché stremato si arrendeva al pescatore.
Accadeva spesso che il compagno del pesce spada colpito, vedendo la compagna in pericolo, cercasse di difenderla, a volte cercando di aggredire l'uomo, provocando invece la propria cattura, questa coppia viene detta "paricchia". Di questa incredibile storia d’amore e di morte, è stato interprete il cantante Domenico Modugno nella canzone “U pisci spada”.
Il pesce colpito viene issato a bordo e un pescatore incide, vicino la branchia un segno, detto "a Cardata ra cruci" in segno di rispetto. A questo segno se ne susseguono altri, tramandati e rispettati dai pescatori. Al termine della pesca l’animale viene coperto e riparato dal sole per non alterarne la freschezza e le proprietà.
Consigliamo di participare attivamente ad una sessione di Pescaturismo cui è possibile prendere parte grazie ad alcuni gruppi di pescatori che ospitano sulle proprie imbarcazioni tipiche, le cosiddette “spatare” o “passerelle“, turisti, curiosi e amanti di questa attività davvero unica nel suo genere. Trattandosi di un tipo di pesca assolutamente non massiva e industriale è possibile prendervi parte solo nel periodo che va dal 1 maggio al 30 settembre. Il resto dell’anno diffidate da chi vi dirà che il pesce spada che vi offre è “fresco”. L’antico borgo dei pescatori non manca neanche di accoglienti B&B dove poter alloggiare dunque non esitate, a Scilla e in particolare a Chianalea vivrete delle esperienze indimenticabili.
Caratterizzazione del “PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA”
Descrizione del prodotto
La denominazione “PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA” è, nella tecnica di preparazione, Questa ricetta rappresenta un secondo piatto facile da preparare, un modo diverso di cucinare e servire il pesce nel rispetto della tradizione bagnarese. Semplice da preparare e molto gustoso grazie all'abbinamento di tipici ingredienti mediterranei come i pomodorini, i capperi e le olive questo piatto porta in tavola il sole ed il mare delle bellissime coste dello stretto.
Caratteristiche fisiche e organolettiche
Forma: fetta intera del pesce spada
Dimensioni medie: - peso: compreso tra 150 e 220 gr.
Aspetto esterno: fette intere di pesce spada arricchite di un sughetto leggero composto da pomodorini, pepe, origano, basilico, prezzemolo e capperi (ingrediente facoltativo). Possono essere aggiunti dei crostini di grano duro integrale a completamento del piatto (aggiunta facoltativa) Consistenza: morbido. Sapore: Il sapore forte del pesce spada si unisce alla dolcezza dei pomodorini freschi, pepe, origano, basilico, prezzemolo e capperi portando in tavola i sapori caratteristici delle bellissime coste a strapiombo della costiera bagnarese.
Area di produzione
La zona di produzione del “PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA” è rappresentata dall’intero territorio amministrativo del comune di Bagnara, provincia di Reggio Calabria
Descrizione del metodo di produzione
La ricetta tradizionale del “PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA” prevede l’impiego dei seguenti ingredienti:
Metodo di produzione della “PESCE SPADA ALLA BAGNAROTA”
Per l’ottenimento del prodotto è necessario procedere alle seguenti operazioni rispettando le modalità di esecuzione sotto indicate:
Preparazione
a)prendere i pomodorini e tagliarli a tocchetti
b)in una padella capiente versare un giro d’olio, portarlo a temperatura ed aggiungere l’aglio
c) fare soffriggere per qualche minuto quindi versare i pomodorini (fase facoltativa da inserire nella versione rossa)
d)fare cuocere a fuoco lento e quindi aggiungere le fette di pesce spada e farle rosolare da tutte e due le parti
e)aggiungere eventualmente il brodo di pesce o in alternativa dell'acqua, le olive, i capperi, origano, sale e pepe
f) far cuocere a fuoco medio per dieci minuti fino ad avvenuta cottura del pesce ottenendo una buona concentrazione del sugo
Impiattamento
Disporre al centro del piatto di portata il trancio del pesce spada, aggiungere del sughetto ottenuto dalla cottura, il prezzemolo tritato e facoltativamente dei crostini di pane integrale
Legame con il territorio
Il legame del prodotto al territorio in questione è dimostrato da fattori storici, economico-produttivi e culturali.
Fattori storici
Nelle acque dello Stretto di Messina si pratica ancora, approfittando della migrazione del pesce spada da maggio ad ottobre, un tipo di pesca le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Lo scrittore Polibio, già nel II secolo a.c. descrive esattamente questo tipo di pesca. Inoltre ci sono fonti che testimoniano come il pesce spada venisse già pescato nello Stretto di Messina,in particolare sotto la rupe di Scilla fra il XVII ed il XV secolo a.C.
Sono venute alla luce, infatti resti di villaggi preistorici risalenti all'età del bronzo e, fra questi, alcuni rifiuti di pasto contenenti ossa di pesce spada. Il pesce spada raggiunge a volte anche i 3 quintali di peso ed i 4 metri di lunghezza.
E’ caratterizzato dalla lunga spada prominente ed ha un potere nutritivo assai elevato, tanto da farlo ritenere dagli antichi cibo divino. Per questo motivo questo pesce costituisce una preda ambita.
La pesca del pesce spada, tranne qualche aggiustamento tecnologico (le braccia e i remi sono stati sostituiti dai motori, l'albero della feluca dal traliccio) è rimasta simile a quella di epoche più remote. Un tempo le barche per la pesca erano di due tipi. La prima, veloce e maneggevole, era per la pesca diurna e veniva chiamata Untri. Il suo nome pare derivi da Linter, barca a fondo piatto utilizzata dai Romani per la pesca e il trasporto costiero.
L'Untri aveva un albero, detto “farere”, alto circa 3 metri che era posto al centro della barca e su cui saliva un avvistatore detto “faleroto”. E’ questa una leggera e sfilata imbarcazione sia di prua che di poppa.
A differenza delle altre imbarcazioni presenta una poppa più ampia nella parte superiore per ospitare il lanciatore nel momento top della pesca. Dipinta di nero all’esterno, per evitare il riflettere dell’ombra nel mare, era tutta verde all’interno. Il resto dell'equipaggio era formato da 4 rematori, ognuno distinto dai compiti da svolgere e dalla posizione dei remi (a paleddha a prua, u stremu e nta spaddha al centro, i puppa a poppa) e un fiocinatore (lanzaturi).
Tra i vogatori, i due più giovani, disposti nella parte anteriore, fungevano da motore mentre gli altri due da timone, cambiando la direzione della barca. L’avvistamento del pesce trasformava improvvisamente questa pesca fatta di pazienza e di attesa in un dinamismo generale. La vedetta, cercando di non perdere di vista il pesce, incitava i rematori ad accelerare il movimento delle braccia al grido di “pe’ fora” o “pe’ ‘nterra”, a secondo della via scelta dal pescespada. Nei corso dei secoli l'Untri ha subito diverse modifiche, che hanno visto anche equipaggi più numerosi. Una barca accessoria e disarmata, la feluca, era messa di posta per avvistare il pescespada; in alcuni casi le feluche erano due o tre, una vicina alla costa l'altra più distante e una eventuale terza a metà strada.
Gli avvistatori (banniaturi), in concorrenza con altri colleghi soprattutto nella costa calabra, potevano trovarsi anche su qualche roccia o collinetta. Comunicavano l'avvistamento all'untro, a loro associato, attraverso bandiere bianche o remi.
Il pesce era del primo che lo avvistava e la barca aveva e ha ancora il diritto di sconfinare nelle aree di posta altrui, fino alla cattura o all'inabissamento della preda. Le poste erano 18 nel senso nord-sud: Posticea, Surrantino, Perialapa, Santuleo, Grutta, Mustalà, Cefarea, Santi, Gramà, Bilusci, Capo, Marturano, Serena, Jumara, Canali, Aria, Schittari, Rustico. L'attribuzione dell'area avviene il 10 di aprile e nei tempi antichissimi il sorteggio si effettuava nell’Abbazia S. Maria dei XII Apostoli. Al grido di un ringraziamento a San Marco, il pescespada veniva fiocinato con un arpione a due punte (draffinera), di probabile origine araba; poi, lo si lasciava scorrere liberamente fino a stancarlo, in modo da poterlo recuperare senza difficoltà con la sagola che era legata agli arpioni. Il secondo tipo di barca, la palamitara, era usata per la pesca notturna.
La pesca avveniva calando delle reti lunghe anche 1000 m che venivano chiamate palamitare, da cui il nome della barca. Per una tradizione, che per certi versi permane, la pesca avveniva in aree prestabilite, normalmente 10 poste, a loro volta suddivise in aree più piccole. Le palamitare venivano anche usate per la pesca delle alalunghe e del pesce azzurro più in generale. Oggi nello stretto e lungo la costa Calabra del Tirreno, per la pesca del pescespada si usano barche a motore che hanno un traliccio alto 20-25 m, alla cui sommità si trovano avvistatori e timonieri, e una passarella lunga fino a 45 m, alla cui estremità va il fiocinatore (fureri). Nonostante i nuovi accorgimenti tecnologici, la pesca è ancora intrisa di antichi rituali.
Ad esempio nelle ultime sparute antiche palamitare, sopravvive l'uso di porre a prua un'asta con alla sommità una palla azzurra o rossa in legno, su cui erano dipinte le stelle dell'Orsa maggiore, separate da una fascia bianca, con probabile riferimento alla cultura fenicia. Un altro rituale, che è divenuto col tempo una specie di diritto territoriale, era quello di suddividere le zone di mare in aree (posta) da assegnare agli equipaggi e in cui pescare. Il più misterioso dei riti resta la "cardata da cruci", che consisteva e consiste tuttora nell'incidere con le unghie la guancia destra del pescespada, in modo da lasciare un segno di croce multiplo.
Fra le varie ipotesi, sembra accreditata quella che fosse un segno di prosperità o di riconoscimento nei confronti del pesce per il suo nobile valore di combattente. Il segno non deve farlo il fiocinatore. Un rituale ormai svanito, anche se molte parole permangono nell'espressione dialettale, era quello di accompagnare la pesca con cantilene in greco, perché la superstizione voleva che se si fosse cantato in altra lingua il pesce sarebbe andato perduto. Il patrimonio di questi riti denota la stratificazione culturale radicata nel territorio di Bagnara Calabra denominata la “perla dello stretto” e centro della pesca al pesce spada.
Fattori produttivi ed economici
Molte attività legate alla pesca del pesce spada e più in generale al pesce azzurro hanno sempre rappresentato una importante occasione di lavoro per la popolazione di Bagnara. In particolare, era tradizione che marinai e pescatori trovassero impiego nei laboratori di pasticceria durante i lunghi mesi invernali di forzata inattività e che le donne contribuissero al bilancio famigliare attraverso la sbucciatura delle mandorle. Ancora oggi, pur con i limiti imposti dalle direttive europee e a causa della pesca incontrollata avvenuta nei decenni passati che ha impoverito la fauna marina l'attività ittica intesa sia nell'attività di pesca che nel suo indotto rappresenta una delle principali attività economica del comune calabrese. Il settore produttivo è caratterizzato sia da piccole imbarcazioni con pesca sportiva che da cooperative di pescherecci di medie dimensioni alle quali si aggiungono nel periodo da aprile a ottobre alcune “passerelle” che sono l'evoluzione moderna del “luntro” per la pesca diurna del pesce spada. Anche dal punto di vista occupazionale, la pesca rappresenta una risorsa importante per la popolazione sia per quanto riguarda la cattura che più in generale per l'indotto determinato dalla pesca (commercializzazione, conservazione, manutenzione delle barche). Questo comporta che, nei mesi di maggiore produzione, si ricorra all’assunzione di personale stagionale di provenienza locale.
Fattori culturali
Il legame culturale del prodotto al territorio è evidenziato dai riti antichissimi legati alla pesca, dalle particolari barche che per modalità costruttiva si fanno risalire ai Fenici e dalla tecnica di cattura tipica del luogo. Da secoli tale pesca influenza il modo di vivere della popolazione locale che in estate prestava il proprio tempo alle attività della pesca e dell'indotto e in inverno nelle attività dolciarie. Un esempio sono i rematori che con le loro possenti braccia in estate erano da motore al luntri e in inverno alla cottura del torrone direttamente nella caldaia a fuoco diretto.