Vibo Valentia è il capoluogo dell'omonima provincia situata sulla costa tirrenica. Con circa 34.000 abitanti, è di gran lunga la più piccola delle cinque città principali della Calabria, ma è anche una delle più vivaci. Il suo Corso Vittorio Emanuele III, recentemente ripavimentato con la splendida pietra lavica dell'Etna, è pieno di negozi e boutique e sempre in fermento.
Un leone su tre colli raffigurato nello stemma della città ricorda il periodo normanno, quando il borgo – allora chiamato Monteleone – divenne un centro militare di grande importanza per il controllo dell’entroterra e delle principali vie di traffico costiere. Ma il toponimo attuale, recuperato nel 1928, si ricollega alla storia più antica: Veip, da cui Vibo, era il nome con cui le popolazioni bruzie designarono l’insediamento preellenico sorto in quest’area. Valentia era invece chiamata la colonia romana, sorta nel 144 a.C. con la conquista della greca Hippónion. Così, alle origini della città si ritrova una continuità di insediamento, pur nel variare di genti e nomi, che conferma l’importanza strategica della posizione e il suo naturale riferimento al mare.
Vibo Marina, sulla costa,in origine era chiamata Porto Santa Venere ed una leggenda narra che il nome le fu dato da un pescatore del luogo che scoprì sulla spiaggia la statua di una donna sdraiata ed identificata con Santa Venere. La statua, in realtà una copia romana di Arianna dormiente, trova posto su un basamento all'incrocio tra il Lungomare Cristoforo Colombo e Corso Michele Bianchi. E' popolare come punto di partenza per traghetti e minicrociere per le Isole Eolie. In estate, i turisti affollano le sue coste, soprattutto in occasione di festeggiamenti come la Sagra della Fileja, in onore di un tipo di pasta fatta in casa, il 26 luglio. A proposito di cibo, il tonno di Vibo è conosciuto sotto il rinomato marco di TONNO CALLIPO
L'odierna Vibo Valentia è nata con il nome di Hipponion che fu conquistata dai Romani e divenne Hipponium e poi Vibo Valentia.
La città prosperò quando divenne una tappa della Via Popilia, un'antica strada romana che andava da Capua in Campania a Regium (l'attuale Reggio Calabria). In effetti, nel corso della storia, Vibo è stata un luogo importante soprattutto per la sua posizione strategica che permette di controllare il Golfo di Sant'Eufemia e le pianure del Monte Poro. Il nome della città cambiò in Monteleone sotto Federico II nel 1200, per tornare infine a "Vibo Valentia" nel 1928.
Gli scavi a Vibo e nei suoi dintorni hanno portato alla luce interessanti teste di statue del V secolo con diverse acconciature e orecchini, sono collegate a un santuario dedicato a Persefone e Demetra (dee dell'oltretomba).
Tra le altre scoperte vi sono alcune antiche mura di Hipponion e molte foglie d'oro, che indicano la produzione di gioielli. Questi tesori si trovano Museo Archeologico Statale Vito Capialbi, situato in cima alla città in un castello normanno-svevo.
Il bene più prezioso del museo è la Laminetta Aurea, una sottile tavoletta in foglia d'oro trovata sepolta sul petto di una donna del IV-V secolo su cui è iscritto il più antico testo orfico, una preghiera, trovato in Italia o in Grecia.
Situato nel Parco Archeologico Hipponion nella villa Romana del quartiere di S.Alore troviamo il magnifico mosaico della quattro stagioni.
Nel quartiere di S. Aloe, dove sono state rinvenute una serie di domus (di una il peristilio), quasi tutte pavimentate con mosaici policromi. È inoltre presente un complesso termale, articolato in frigidarium, calidarium e palestra, forse connesso ad un'abitazione a carattere pubblico. Si tratta di reperti compresa tra il II sec a. C. e il V d. C., mentre in un settore è stata identificata anche una fase altomedievale. Il periodo di vita più rappresentativo del quartiere romano sembra essere quello compreso tra II e III sec. d. C., epoca in cui si datano anche due dei mosaici pavimentali rinvenuti ed i resti dell'edificio termale. Il mosaico più antico, che risale al II sec. d. C. è decorato con un emblema centrale figurato con Nereide nuda che si lascia trasportare da un ippocampo in un mare pieno di delfini stilizzati; un velo aperto a conchiglia incornicia in alto le figure.
Tre fasce concentriche si dipartono dal centro verso l'esterno, decorate, la prima, con anatre e trampoliere in ambiente lacustre, la successiva con motivi geometrici in bianco e nero, e l'ultima con tralci vegetali ed uccelli che si dipartono da kantharoi centrali. Il mosaico più recente è relativo ad un atrio del complesso termale ed è decorato con pesci, pavoni e le quattro stagioni, inquadrati in un festone che fuoriesce da kantharoi angolari e si dispone ad ottagono intorno alle figure. Dal punto di vista insediativo, le domus di S. Aloe testimoniano, per questa zona, una lunga continuità abitativa. (Mibact)
Il castello Normanno Svevo sorge dov'era ubicata probabilmente l'Acropoli di Hipponion che in parte si estendeva pure sulla collina vicina. Nonostante la prima fase di costruzione della struttura venga all'età Normanna, in realtà, essa risale al periodo Svevo, castello venne ampliato da Carlo d'Angiò nel 1289 quando assunse più o meno un aspetto simile a quell'odierno. Fu rafforzato dagli Aragonesi nel XV secolo e infine rimaneggiato dai Pignatelli tra il XVI-XVII secolo, perdendo quasi del tutto la funzione militare e assumendo invece quella di abitazione nobiliare.castello presenta oggi delle torri cilindriche, una torre speronata e una porta a un'arcata di epoca angioina. È oggi sede del Museo archeologico statale.
Il museo costruitoappunto all'interno del castello e contiene manufatti greci e romani come le pinakes (placche di terracotta) offerte a Persefone o Demetra e altri oggetti trovati nelle aree sacre di Vibo e all'interno delle vecchie mura della città.
Vibo Valentia ha una buona selezione di siti religiosi e palazzi da visitare. che meritano di essere visitati. La costruzione del Duomo, in piazza San Leoluca, è iniziata alla fine del 1600 sui resti di una basilica bizantina del IX secolo. e fu poi restaurata dopo il terremoto del 1783. L'altare in marmo contenente la statua della Madonna della Neve di Antonello Gagini è il suo fiore all'occhiello.
Altre chiese includono:
A circa 2 km dalla città, lungo la statale che conduce a Soriano Calabro, la piccola chiesa (oggi parrocchiale dei Ss. Filippo e Giacomo) risale probabilmente al XII secolo. Dell’edificio, appartenuto a un convento di Carmelitani, sono interessanti soprattutto la parte absidale e la piccola cupola in laterizio; nel XVII-XVIII secolo sono state aggiunte decorazioni barocche sia all’esterno sia nell’interno.
I palazzi dipinti a colori pastello fiancheggiano molte delle strade di Vibo, anche se molti dei più importanti sono stati costruiti tra il 17° e il 18° secolo sono stati lasciati nel loro splendore originale, tra cui Palazzo Capialbi e la splendida Biblioteca di Santa Chiara. (biblioteca vicino al castello), Palazzo Marzano (vicino a San Michele) e e Palazzo Cordopatri (nell'omonima via).
Sempre in via F. Cordopatri si trova il Palazzo Romei, risalente alla fine del 1400 e caratterizzato da un'architettura in ferro battuto che si inarcano come pance, chiamati "a pancia" in italiano, che significa stomaco.
Per gli amanti della natura, Vibo offre diversi parchi, tra cui il Parco Botanico (Palazzo Di Francia), Parco Urbano (Via Moderata Durant), Parco delle Rimembranze (Piazza D'Armi), la Villa Comunale (Corso Umberto I) e la Villa Gagliardi. Umberto I) e Villa Gagliardi (Via G. Battista Romei).
Il palazzo dI Francia sorge sulla parte più alta di via Gioacchino Murat, via che prese questo nome per la presenza del Murat in casa del Marchese, durante il suo breve regno. L'edificio di 1800 m², ricorda vagamente alcune ville vesuviane del Settecento, come villa Campolieto e villa De Gregorio a Roma, per alcuni spunti della facciata, e per la concezione dell'atrio opposto all'entrata del parco. Elementi Vanvitelliani concorrono a darne un gusto chiaramente classico. Il palazzo da poco più di un decennio è sottoposto a vincolo di tutela unitamente al parco.
Da visitare la Grotta di Malacuruna o Grotta di San Leoluca di Vena Superiore, frazione di Vibo Valentia.Si chiama Malacuruna per la contrada in cui si trova e San Leoluca, in quanto si narra che il santo patrono di Vibo abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita in essa. San Leoluca nacque in Sicilia, a Corleone intorno all'815-818 e morì a Vibo Valentia il primo marzo del 915. Quando egli giunse in Calabria, chiese di essere accolto nel monastero basiliano di S. Maria di Vena Inferiore. Oggi di questo convento rimangono una parete e una fontana.
Frazione balneare di Vibo Valentia, con spiagge sabbiose e ben attrezzate, si è sviluppata in prossimità del porto industriale, commerciale e turistico, in cui è ancora consistente la presenza di pescherecci che riforniscono i mercati ittici e le numerose industrie per la lavorazione e conservazione del pesce. Stabilimenti, opifici e depositi si addensano nei pressi di Bivona, poco più a ovest, il cui nome ricorda la romana Vibonia che qui aveva il suo porto, attivo fino alla metà del XVI secolo e ora interrato. Nel piccolo abitato si trovano i ruderi di un castello, di datazione incerta (forse del XV secolo) e più volte rimaneggiato, e una tonnara, costruita nel 1885 e ancora attiva nel 1950, nella quale lavoravano fino a novanta pescatori. Indicata come futura sede di un Museo del Mare, da tempo in progetto, la tonnara di Bivona si compone di diversi corpi di fabbrica: una palazzina a due piani con l’abitazione del raìs – il capo assoluto della tonnara – e una piccola cappella dedicata ai santi Antonio e Francesco di Paola, i magazzini e un’ampia loggia con il soffitto a capriate in legno di quercia, che ospitava i barconi destinati alla mattanza. Nonostante la presenza del porto e degli impianti industriali, il mare di Vibo Marina offre acque limpide e spiagge di sabbia bianca, che si prolungano dall’abitato fino alla punta di Safò; nei pressi della spiaggia di Trainiti sono venuti alla luce i resti di una villa romana.
Tra i prodotti culinari tipici del Vibonese ricordiamo:
La Fileja: Tipica pasta calabrese, prodotto della tradizione gastronomica del vibonese, i fileja sono preparati con acqua e semola di grano duro. Anticamente la sfoglia ottenuta dall'impasto veniva arrotolata attorno ad un dinaculo, un bastoncino di sparto, che le dona la caratteristica forma ricurva. I fileja calabresi, conosciuti anche col nome di maccheroni calabresi, fileda, maccarruna i casa, Fileja di Tropea e strangugghi si servono con sughi molto saporiti di carne di capra o maiale, sugo di pomodoro fresco e un po' di formaggio, pecorino locale ( Pecorino tipico di Monte Poro ) grattugiato.
Tra i dolci, invece, non possiamo non citare i Ciciriati biscotti ripieni di un impasto a base di caffè, ceci, cacao e noci; le pittapie, biscotti riempiti con un impasto di uva passa, noci, pinoli e cioccolato ed il sanguinaccio, sangue di maiale fatto bollire con zucchero, noci, cioccolato fondente e pinoli; e pitte di San Martino (biscotti farciti con un impasto di uva passa, pinoli, noci, cioccolato e vino cotto), e i crocetti di fichi secchi (fichi secchi infornati ripieni di noci, mandorle e scorza d'arancio, ricoperte di zuchero in polvere o cioccolato fondente).
castello svevo normanno di vibo foto instagram @venia
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mosaico quattro stagioni
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